Entrare nelle storie narrate da Normanna Albertini, è come planare dolcemente sui ricordi e sulla bella e serena vita di un tempo … e poi, magicamente, lasciarsi trasportare nei luoghi deliziosi di un’infanzia felice. quasi dimenticato si viveva tutti insieme ripudiando la solitudine. Era così nella vita nei campi, e nel vissuto quotidiano delle famiglie. Un tempo sano e allegro in cui nessuno chiudeva a chiave la porta della propria casa. Magari si parlava solo in dialetto ma era proprio questa lingua, dal sapore antico, a favorire il dialogo tra le diverse generazioni. Come dice l’autrice, “il filo della narrazione che univa, nutrendole come un cordone ombelicale, una generazione all’altra e al futuro”. Forse siamo ancora in tempo per salvare queste preziose testimonianze da fare nostre e trasmettere ai nostri figli. E’ questo il grande insegnamento che traggo dai bei racconti di Normanna Albertini. Un libro che emoziona con la dolcezza della nostalgia. Un romanzo che sa di buono muovendo i passi da una cultura, quella contadina, che merita di essere riscoperta dalle giovani generazioni.
“Sulle spalle delle donne” non è un monumento al femminismo, bensì un delicato racconto di storie vissute da donne all’interno di contesti familiari caratterizzati da profondi e significativi rapporti umani. Sono le memorie di una bambina di campagna, oggi apprezzata scrittrice. L’avvio del romanzo è dedicato all’acqua, bene puro e prezioso dal sapore unico e inconfondibile. Nelle seducenti pagine di Normanna Albertini ho trovato spalle forti; quelle femminili che trasportavano l’acqua dalle fontane alle modeste dimore di un tempo. Donne abituate al lavoro, alle fatiche; donne che gestivano famiglie con semplicità ma con grande buon senso. Con piacere, ho incrociato la vicenda di Camillo; fortunato perché aveva il suo asino. Con essa, storie di animali, di vita povera ma, al tempo stesso, dignitosa e vera. L’autrice ci mostra come possa apparire distante tutto ciò della caotica e spesso solitaria vita moderna. Che nostalgia nel ripercorrere i ricordi legati all’aia, come quella di Predolo. Molti di noi ricordano l’aia come luogo, nei piccoli borghi, di incontro, di giochi collettivi, di gioia e sane risate. Un vissuto comune prematuramente scomparso … quando le nonne, degne di grande rispetto, erano nonne per tutti i bambini. Mi lascio coinvolgere dalla scrittura di Normanna Albertini al punto da percepire l’odore del pane fatto in casa; un rito antico come magia di vita … un ripetersi, nel tempo, di continua rinascita. Chiudo gli occhi per sognare ed ecco, come d’incanto, il profumo del vino che vive e cresce nelle vecchie cantine … la vite, femmina, pronta a sposare l’albero. Il romanzo di Normanna Albertini non è mai scontato; è semplice, diretto e ripropone spaccati di vita mai dimenticati e proposti, ora, con un inevitabile senso di silenziosa nostalgia. E’ storia vera, palpabile; vissuta da chi ha fatto la storia recente. Sono le emozioni del cuore ripresentate con il delicato tocco di una penna attenta e corretta, come quella dell’autrice. Con un sereno sorriso che indirizzo al mio passato, riscopro la bellezza dei boschi, le raccolte delle castagne e dei funghi, le scuole e i maestri del tempo che fu. Una leggera malinconia mi accompagna durante tutta la lettura del libro; uno scoprire e riscoprire continuo di insegnamenti preziosi che, a stento, vivono nel nostro presente. Forse un tempo c’era una sana povertà, si parlava con fatica in italiano, si vedeva poco (o niente) la televisione, si viveva in case non riscaldate dai termosifoni: potrebbero apparire, ad una superficiale ed errata lettura, situazioni di vita arretrata. In realtà non è e non sarà mai così, se pensiamo che in quel mondo felice e quasi dimenticato si viveva tutti insieme ripudiando la solitudine. Era così nella vita nei campi, e nel vissuto quotidiano delle famiglie. Un tempo sano e allegro in cui nessuno chiudeva a chiave la porta della propria casa. Magari si parlava solo in dialetto ma era proprio questa lingua, dal sapore antico, a favorire il dialogo tra le diverse generazioni. Come dice l’autrice, “il filo della narrazione che univa, nutrendole come un cordone ombelicale, una generazione all’altra e al futuro”. Forse siamo ancora in tempo per salvare queste preziose testimonianze da fare nostre e trasmettere ai nostri figli. E’ questo il grande insegnamento che traggo dai bei racconti di Normanna Albertini. Un libro che emoziona con la dolcezza della nostalgia. Un romanzo che sa di buono muovendo i passi da una cultura, quella contadina, che merita di essere riscoperta dalle giovani generazioni.
Stefano Carnicelli